5 soste per vivere la Risurrezione di Cristo

Ci sono tante occasioni per vivere in profondità la Passione, molte meno per immergersi nella Risurrezione di Cristo. Perché non pregare con il Rosario della Risurrezione? Oppure fare un cammino con le 5 soste per vivere nel profondo l’incontro con il Risorto? O ancora dedicare una settimana di meditazione a ogni “sosta”?

S. Ignazio cinque secoli fa ha spronato alla preghiera immaginativa, e per chi lavora nel mondo del cinema e dell’immagine, è un invito a nozze. Ogni brano del Vangelo si presta a una sceneggiatura dettagliata. E vivere la meditazione immergendosi nel Vangelo, offre spunti infiniti per la vita quotidiana. La riflessione sulla Risurrezione di Cristo alcuni anni fa mi aveva portata a scrivere “Donne della Risurrezione”, oggi condivido il “mio” Rosario della Risurrezione.

1° sosta: “Maria!” – “Rabbunì”

“Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva…” (Gv 20,11-18) (Mc 16,9-11). Maria Maddalena corre al sepolcro “quando è ancora buio”, vuole stare vicino al corpo di Gesù, vuole piangere davanti al sepolcro. Stare nel dolore, non fuggire. Ma la pietra è stata tolta e dentro due angeli, niente corpo. La confusione domina nella testa di Maria Maddalena e le lacrime le impediscono di guardare, di riconoscere quanto è accaduto.

Aurora. La primissima luce dopo il buio della notte. Il cielo si accende color lavanda. Una voce da dietro: “Donna perché piangi? Chi cerchi?”. Lo scambia per il custode del giardino, pensa che sia stato lui a portare via il corpo del maestro. Ma improvvisamente si sente chiamare per nome: “Maria!”. Si volta e riconosce il suo “Rabbunì”, risorto. Il nome, la voce, si volta, riconosce.

E poi il mandato, la missione: “Non mi trattenere… Va’ dai miei fratelli e di’ loro…”. In fretta Maria Maddalena, non perde tempo, corre a dire: “Ho visto il Signore!”. E noi cosa possiamo fare oggi, in questo tempo storico, dopo che abbiamo riconosciuto il risorto? Che cosa annunciamo? Sentiamo pressante l’urgenza?

2° sosta: sulla via di Emmaus

“Mentre conversavano e discutevano, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro” (Lc 24,13-35) (Mc 16, 12-13).  Maddalena, Maria e le altre hanno raccontato ai discepoli di averlo visto, risorto, vivo. Ma non tutti ci credono. Due di loro se ne vanno via da Gerusalemme, verso Emmaus (oggi uno dei miei luoghi preferiti, Abu Gosh, con l’hummus campione del mondo). Anche i loro occhi sono pieni di emozioni e di pensieri e non riescono a riconoscere Gesù che cammina con loro. Non è difficile immedesimarsi con i discepoli di Emmaus, nella nostra vita spesso caotica e piena dell’inutile.

“Stolti e lenti di cuore…” Non vogliamo proprio capire. “Resta con noi perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto.” Gesù entra in una casa con loro al tramonto, prende il pane, lo spezza, lo benedice. Solo a questo punto si aprono i loro occhi e lo riconoscono! Gesù si manifesta attraverso il pane, come altre volte nella vita. Il pane spezzato diventa la finestra sulla risurrezione di Cristo. Non basta camminare, per trovare la risposta del senso della vita. È già qualcosa, sempre meglio che stare fermi, ma non basta…

3° sosta: “Pace a voi”, le parole della Risurrezione di Cristo

“Pace a voi!” (Gv 20, 19-23) (Mc 16, 14-18) (Lc 24, 36-43). La pace di Cristo è un mistero insondabile con la mente, si può solo sperimentare. Pace è un termine spesso abusato, vale la pena fermarsi a meditare. Lasciar scendere nel profondo del nostro essere la “pace” che Cristo Risorto dona ai discepoli e a tutti noi. È prima di tutto pace del cuore, quel dono immenso che ci fa stare dritti nella tempesta, che ci lascia rialzarci dopo le cadute, che ci dà il coraggio per affrontare l’ignoto della vita. La pace che ci dona Gesù nel cenacolo, fa svanire la paura, è la risposta a quel: “Perché siete turbati?”. E ciò che ne segue, è la gioia vera, autentica.

In questo tempo storico non possiamo abdicare. Non dobbiamo cedere a relegare la pace nel giardino dei sognatori. La pace, a partire dal proprio cuore, si deve irradiare nella comunità e al mondo intero. Non lasciamo che il rumore delle bombe faccia sparire il dono della pace del risorto! Crediamo nella pace possibile, a partire dal disarmo e da scelte di “pace”, pact, patto, trattativa. La pace è l’essenza stessa della vita. Scegliamo di stare sempre e incondizionatamente dalla parte della pace.

4° sosta:  “Se non metto il mio dito… non credo”

(Gv 20,24-29) La risurrezione va oltre la ragione, non può essere compresa se non con lo spirito. Il pensiero e la scienza non lasciano troppo spazio alla vita oltre la morte, alla sconfitta della morte. E Gesù lascia lo spazio del dubbio, anzi accoglie il dubbio e lo abbraccia nella misericordia. Tommaso non è presente quando Gesù arriva nella sala da pranzo la prima volta, e non crede alle parole degli apostoli. Vuole toccare. E Gesù ritorna, proprio per farsi toccare, per invitare Tommaso a mettere il dito nelle sue ferite, nei buchi dei chiodi e nel fianco squarciato.

La risurrezione di Cristo è così reale che non ha cancellato le piaghe. Le ferite nel corpo risorto sono ancora aperte, per lasciarsi toccare dalla mano di Tommaso, e noi con lui. E così, quando nella vita anche noi incontriamo il Risorto, non è che tutto il dolore del passato si cancella con una bacchetta magica, no, resta lì. Ma tutto il dolore assume un significato diverso, e diventa via per qualcos’altro.

5° sosta: “Videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.”

“Gesù disse loro: ‘Non avete nulla da mangiare?… Gettate la rete dalla parte destra e troverete.’…” (Gv 21, 1-23) Gesù aveva detto alle donne, “Vi aspetto in Galilea”. I primi apostoli ci sono tornati e Gesù li incontra nello stesso luogo della prima volta, del primo amore, della prima chiamata. Di nuovo è Pietro che sfiduciato e spaesato è tornato a pescare, e di nuovo per tutta la notte non pesca nulla. (Lc 5,1-11).  Ed ecco che alle prime luce dell’alba, come per Maddalena, lui è lì a guardarli, sulla riva. Anche questa volta i pescatori non lo riconoscono, ciechi del loro senso di sconfitta.  Lui chiede da mangiare, dicono di non averne, e lui li invita, come la prima volta, a gettare le reti. Che significato può avere nella nostra vita quel “gettare le reti”?

Ecco, che le reti si riempiono di 153 grossi pesci e Giovanni, seguito da Pietro e gli altri, finalmente lo riconosce. A terra li aspetta un fuoco di brace con del pesce ad arrostire e del pane. Ed è Gesù, come per la samaritana al pozzo con l’acqua viva, che offre loro il cibo. E è lì, davanti a qual fuoco di brace, con pane e pesce, che ognuno di noi vive la propria storia con Cristo risorto.

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