Al nuovissimo PAC – Perelman Performing Arts Center a New York, Ground Zero, i volti delle donne in-visibili in Women’s Cry con Emotions to Generate Change.
A New York siamo testimoni dell’arte che genera vita: i volti delle donne in-visibili, nella mostra fotografica Women’s Cry sono esposti all’apertura del PAC, Perelman Performing Arts Center, a Ground Zero, con Emozioni per Generare il Cambiamento (Emotions to Generate Change).
Il 20 settembre 2023, nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, mentre la città sembra in ebollizione, montiamo cavalletti e fotografie nel nuovissimo edificio che vuole essere un rifugio di arte, accoglienza, inclusione. Il PAC è un edificio affascinante.: l’architettura esprime al meglio l’obiettivo, affinché l’arte riporti speranza in quel luogo di morte, dove migliaia di vite umane sono state polverizzate l’11 settembre del 2001. E non a caso la settimana inaugurale è dedicata al tema di “RIFUGIO”.
Women’s Cry, la mostra di Emozioni per Generare il Cambiamento
La mostra a cura di Lia e Marianna Beltrami con il World Women’s Observatory (iniziativa dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche) con la collaborazione di HandShake, è stata realizzata per la prima volta in Piazza San Pietro, Vaticano, nel maggio 2023 e il Dicastero per la Comunicazione del Vaticano. Gli scatti raccontano la resilienza di donne che in varie parti del mondo cercano una via di rinascita. Dopo Roma, la mostra è andata a Kigali in Rwanda, a Women’s Deliver, e a Mantova, nella stupenda cattedrale di Sant’Andrea.
A New York ne è esposta una selezione, con le foto di Neşe Ari, Asaf Ud Daula, Sebastiano Rossitto, Ferran Paredes Rubio, Caterina Borgato, Giuseppe Cariddi, Silvia Tenenti e Vassilis Ikoutas (Turchia, Bangladesh, Italia, Spagna, Grecia) che portano lo spettatore dal Sudest asiatico all’Africa, dall’Amazzonia all’Europa.
L’inaugurazione della mostra a New York con l’arte che genera vita.
L’evento con la presentazione della mostra è un importante ricevimento dal titolo Elevating Diverse Voices organizzato dal PAC con Kathleen Ralston. Le foto sono esposte parte nell’ingresso, parte nel luogo dei concerti e infine sul terrazzo, in mezzo agli altissimi grattacieli, sullo sfondo della Freedom Tower. Sentiamo il fremito della responsabilità simbolica del momento. Apre JR Kerr, seguito dal vice-direttore dei Media Vaticani, Alessandro Gisotti: “Grandi fotografi di tutto il mondo hanno contribuito alla mostra, catturando i volti di donne, per raccontare storie di fratellanza, riconciliazione e lotta contro ogni discriminazione, a sostegno della dignità umana e dello sviluppo umano integrale… Ora tocca a noi diffondere queste storie, prendere coraggio dalle loro testimonianze e impegnarci a costruire un’umanità più fraterna, dove nessuna donna debba più subire violenza e discriminazione… Perché l’amore è più forte dell’odio.”
L’attore e direttore del PAC, Bill Rauch
Il volto di Bill Rauch è luminoso, come i tagli del sole al tramonto che creano nuovi giochi tra le fotografie. Gli occhi della giovanissima eritrea al campo profughi di Mai Aini nel Tigray, lì in mezzo agli sfavillanti grattacieli, non giudicano, ma interrogano. E Bill Rauch si lascia trasportare dall’emozione; la sfida di apre un centro d’arte in un luogo tanto forte come Ground Zero è grande. E Bill interpreta il senso del “Rifugio” che accoglie anche i volti delle nostre donne: “Questi meravigliosi scatti… rappresentano proprio quello che vogliamo fare qui. E, sì, l’amore è più forte dell’odio, la creazione è più forte della distruzione. E siamo qui a dimostrarlo.”
Chiude Lia Beltrami, che riassume il lavoro fatto con Marianna Beltrami nel cercare quei volti tra foreste e deserti, affinché l’arte diventi davvero generatrice di cambiamento e sempre portatrice di speranza.
New York, l’arte che genera vita. I volti delle donne in-visibili all’apertura del PAC, a Ground 0, con Emozioni per Generare il Cambiamento.
Che cambiamento vogliamo generare? Quando uno spettatore chiede: “Io che cosa posso fare?”. Il primo passo è già raggiunto, perché l’arte mette in movimento, fa uscire dall’idea dello stagno, del blocco di cemento. Il movimento, dopo la prima scintilla accesa dall’arte, può andare verso l’informazione. Cercare di capire, approfondire, farsi un’idea propria. E poi si può scegliere un’azione concreta. Non dobbiamo subito partire per la foresta tropicale, ma è possibile per esempio sostenere qualcuno dei progetti legati alle foto. Oppure diventare Ambasciatore o Ambasciatrice dell’Osservatorio Mondiale delle Donne. E poi cambiare qualcosa dentro di noi affinché possiamo “allargare le nostre tende” per far spazio alla fragilità e alla diversità.